Conte Guglielmo Lochis
Il conte Guglielmo Lochis nacque a Bergamo nel 1789, quando lo scoppio della Rivoluzione Francese, con effetti sconvolgenti anche in campo culturale e artistico, diede il via ad una intensa circolazione di opere d’arte, e si chiuse nel 1859, con all’orizzonte l’Unità d’Italia.
Dopo la drammatica disfatta di Napoleone, e il ritorno ben visto degli Austriaci in Lombardia, la monarchia asburgica si legò alla nobilità locale, attirando l’adesione politica del conte. Questi negli anni Venti iniziò ad avventurarsi nel mondo dei mercanti d’arte per portare a termine i suoi primi acquisti di dipinti: un Lotto, un Tiziano, un Mantegna, un Parmigianino ed un Reni, solo per citarne alcuni. Queste opere, unite a quelle già di proprietà del conte Lochis grazie all’eredità della famiglia, e ad alcuni lasciti testamentari, formarono così il primo nucleo della collezione.
Gli acquisti si intensificarono con un costante crescendo negli anni ’30: le ricche testimonianze documentarie e archivistiche documentano in maniera precisa l’ingresso del Lochis nella cerchia dei collezionisti lombardi. I suoi acquisti furono spesso guidati dal fiuto e dal desiderio di aggiudicarsi opere che dessero lustro alla sua nascente collezione. Il risultato di questa sua prima attività collezionistica è il catalogo da lui stesso redatto e pubblicato nel 1834 dal titolo Cento quadri della galleria Lochis in Bergamo. A quella data le opere d’arte non si trovavano ancora nella villa di Mozzo, ma presso la residenza del Conte a Bergamo. Entrato a far parte della Commissarìa dell’Accademia Carrara, nel 1835 fu tra i promotori di un’operazione spregiudicata, la vendita di ben due terzi delle opere donate dal conte Carrara, a cui si andava ad aggiungere anche la collezione di Salvatore Orsetti. Così, di persona o attraverso intermediari, il Conte fece della circostanza della vendita all’asta un’occasione d’oro per arricchire la sua pinacoteca, acquistando più di duecento cinquanta quadri.
Al crescente prestigio dlla raccolta si accompagnò l’ascesa politica del conte Lochis, fedele agli Aburgo, che dal 14 febbraio 1842 fino al 28 marzo 1848 esercitò la carica di podestà di Bergamo. Negli stessi anni, nel 1846 e successivamente, nel 1858, il conte diede alla stampa altre due edizioni del catalogo della raccolta, nel frattempo collocata in una Galleria fatta costruire espressamente verso il 1840, con il nome di Pinacoteca Lochis.
Abbandonati gli impegni politici dopo i moti del 1848, nominato poi delegato per trattare una riconciliazione pacifica con l’Austria, il conte Lochis non smise di ricoprire importanti incarichi sul fronte culturale: ad un precedente incarico come Presidente dell’Accademia Carrara, seguì quello di presidente dell’Ateneo di Bergamo, mentre dall’imperatore arrivò il conferimento dell’ordine austriaco della Corona di ferro di terza classe e l’invito alle nozze dell’imperatore con Elisabetta di Baviera. Sentendosi avvicinare la vecchiaia, intuendo che la sorte della sua collezione sarebbe stata incerta, il conte cercò di venderla in blocco alla National Gallery, ma la trattativa, durata quattro anni, non andò a buon fine. Così nel 1959, alla sua morte, nella Pinacoteca alle Crocette di Mozzo erano esposti più di cinquecento ventotto dipinti, tutti schedati e descritti nell’ultima edizione del catalogo, quella del 1858. Le ultime volontà del Conte diponevano della creazione di quella che oggi sarebbe chiamata una casa museo, dandone l’alto dominio alla città di Bergamo. Le speranze del conte si rivelarono impraticabili, per il costo di gestione dell’edificio, distante dal centro cittadino, per le pretese dell’erede, il nipote Carlo Lochis, non interessato ai dipinti. La complessa vicenda testamentaria si risolse in un concordato che vide la collezione divisa un due parti, sulla base del valore delle opere: due terzi delle opere – ovvero 240 – furono assegnate al Comune di Bergamo e un terzo a Carlo Lochis, che vendette la parte di sua spettanza in un breve volgere d’anni.
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